CONCORSO DI VIOLAZIONI E "CONTINUAZIONE" APPLICABILE AI TRIBUTI LOCALI





Anche recentemente la Suprema Corte (Cass. Sez. Tributaria 7/7/2010 n. 16051) ha avuto modo di affermare che in tema di sanzioni amministrative tributarie le previsioni dell'art. 12 del d.lgs. 472/1997, secondo cui quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi si applica la continuazione (comma 5) e la stessa viene interrotta dalla contestazione (comma 6), operano anche in caso di violazioni della stessa disposizione in materia di ICI commesse in periodi diversi. Con la conseguenza che quando le sanzioni per le diverse annualità siano state irrogate con avvisi notificati contemporaneamente al contribuente, la contunuazione si aplica per tutte le violazioni antecedenti a tale contestazione, operando l'interruzione solo per quelle successive
La pronuncia di cui sopra si pone nel solco della sentenza n. 6859/2005 che ha confermato l'orientamento già espresso nella sentenza n. 2823/2005 della stessa Corte.
Il fatto preso in esame dalla sentenza 6859/2005 riguardava un'impresa industriale che aveva impugnato l'avviso di accertamento Tarsu, relativo all'anno 1997, con il quale un Comune aveva contestato l'omessa dichiarazione di alcune superfici tassabili. La controversia si chiudeva con una sentenza della Commissione tributaria regionale, passata in giudicato, che riduceva l'imponibile accertato dall'ente. Il Comune procedeva successivamente a emettere un nuovo avviso, avente per oggetto le medesime contestazioni, con riferimento all'anno 1999. La Commissione tributaria regionale, investita della questione, riteneva applicabile alla fattispecie il giudicato esterno, costituito dal precedente relativo al 1997, e conseguentemente rideterminava la superficie tassabile in conformità al suddetto precedente, dichiarando inoltre non dovute le sanzioni per infedele denuncia. Avverso quest'ultima pronuncia, il Comune inoltrava ricorso per Cassazione.

LA SENTENZA DELLA CORTE
La Cassazione ha accolto le ragioni del Comune sia a proposito dell'efficacia del giudicato esterno sia in merito alla debenza delle sanzioni. Su quest'ultimo argomento, tuttavia, la Corte ha ribadito la sua posizione in ordine alla necessità che il giudice di merito accerti l'applicabilità al caso specifico dell'istituto della continuazione, di cui all'articolo 12 del Dlgs 472/1997, contrariamente a quella che è la prassi pressoché generalizzata negli Enti locali.
Correttamente, la sentenza rileva che in materia tributaria vige il principio secondo cui a ciascuna annualità corrisponde un'obbligazione tributaria autonoma. In campo Tarsu, la previsione di specie è contenuta nell'articolo 64, comma 1, del Dlgs 507/1993. Norme analoghe sono tuttavia disseminate nella disciplina di tutti i tributi, locali e non. Questo comporta, dunque, che ogni periodo d'imposta ha una storia a sé. In presenza di controversie afferenti alla medesima fattispecie ma coinvolgenti una pluralità di anni, l'unica via per evitare la difformità dei giudicati è quella della riunione dei giudizi. Diversamente, la circostanza che si possano realizzare soluzioni giudiziarie opposte in ordine alla medesima questione di merito deve ritenersi in un certo senso connaturata all'ordinamento. 

Un'altra rilevante statuizione della Corte riguarda la possibilità per il Comune di contestare l'infedeltà della dichiarazione anche per un'annualità diversa dalla prima (reiterazione della sanzione nel tempo). La questione era in realtà assai controversa. Occorre innanzitutto ricordare come nella disciplina della tassa rifiuti (ma lo stesso accade per tutti i tributi locali, compresa l'Ici) l'adempimento del contribuente si risolva nella semplice presentazione della denuncia iniziale. In assenza di variazioni, la denuncia vale anche per il futuro; quanto al pagamento, la regola, come è noto, è l'iscrizione a ruolo, di tal che anche sotto questo profilo il compito della parte è sostanzialmente passivo. Un simile assetto normativo ha generato un duplice ordine di problemi applicativi, l'uno strettamente connesso all'altro. Da un lato, ci si è chiesti se fosse ammissibile sanzionare l'illecito dichiarativo in un anno diverso da quello iniziale. Si ipotizzi il caso in cui l'anno della dichiarazione originaria sia decaduto, sotto il profilo dei termini dell'accertamento, e il Comune abbia constatato l'esistenza di una infedeltà, risalente per l'appunto al primo periodo d'imposta. Se si dovesse dare risposta negativa all'interrogativo suddetto, il contribuente risulterebbe non più punibile, e potrebbe essere chiamato, al massimo, a versare la differenza di tassa.
La seconda questione riguarda la possibilità, sempre in caso di illecito dichiarativo protrattosi per più anni, di applicare le sanzioni per ogni periodo d'imposta, commisurandole ovviamente all'evasione contestata in ciascuno di essi. Nell'eventualità della infedele dichiarazione, ciò comporterebbe la reiterazione della sanzione dal 50 al 100% della maggiore imposta per una pluralità di frazioni temporali. Contro la legittimità dell'esercizio di un simile potere potrebbe invero obiettarsi che, come unico è l'obbligo dichiarativo del contribuente, così unica deve essere la penalità applicabile.

Confermando le conclusioni già raggiunte nella citata sentenza n. 2823/2005, la Corte ha osservato che «la scelta del contribuente di non presentare, per un'annualità di imposta successiva alla prima, una denuncia di variazione ha il significato di un rinnovo implicito della dichiarazione originaria. Siffatto meccanismo non esclude che l'infedeltà della dichiarazione sia accertata in un anno successivo al primo, con conseguente applicazione della sanzione comminata a norma dell'articolo 76, Dlgs 507/1993». La Cassazione sposa in sostanza la tesi dell'illecito continuato e legittima, pertanto, l'irrogazione della medesima sanzione per più anni, sino a quando il contribuente non rimedia all'infedeltà iniziale, presentando una denuncia correttiva. 

Una ulteriore affermazione di principio è quella relativa al richiamo fatto in sentenza all'istituto della continuazione, di cui all'articolo 12 del Dlgs 472/1997. Sostiene in pratica la Corte che se da un lato è vero che il Comune può sanzionare ripetutamente la medesima infrazione tributaria, occorre, d'altro canto, fare uso dei poteri mitigatori previsti nel suddetto articolo di legge, richiamati, nel mondo dei tributi locali, dall'articolo 16, del Dlgs 473/1997.  E' utile richiamare in estrema sintesi i tratti salienti dell'istituto in esame. Con la continuazione si sostituisce alla somma aritmetica delle sanzioni teoricamente irrogabili, il cumulo convenzionale (o giuridico) delle stesse. In particolare, l'articolo 12 citato prevede tre ipotesi applicative: a) il concorso materiale; b) il concorso formale; c) la progressione.
Nel primo caso, si prevedono più violazioni formali della stessa disposizione, mentre la seconda fattispecie descrive l'ipotesi in cui il contribuente, con una sola azione o omissione, viola più disposizioni di legge. Sembra evidente, tuttavia, che nessuna delle due tipologie ricomprenda l'infedeltà ripetuta della dichiarazione: non si tratta infatti di violazione formale, da un lato, e nemmeno di illecito che riguardi una pluralità di disposizioni di legge, dall'altro. Con il termine «progressione», infine, si designano uno o più illeciti nell'ambito di una scansione di adempimenti, che mirano a realizzare un disegno evasivo. Senonché, nel caso della tassa rifiuti, come visto in precedenza, l'unico adempimento previsto è la dichiarazione, di tal che l'illecito a questa relativo non è semplicemente finalizzato all'evasione, ma concreta, in sé, l'occultamento della base imponibile. Non rimane a questo punto che guardare al novellato quinto comma del medesimo articolo 12, a mente del quale «quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo». In effetti, allorché nella sentenza si legge l'espressione letterale «più violazioni della stessa indole», si ha l'impressione che la Corte intenda proprio riferirsi alla suddetta disposizione. Sinora, era stato ritenuto (Circolare ministeriale n. 138/2000) che la previsione trascritta non dovesse essere letta come norma a se stante, ma fosse sempre a servizio delle tre tipologie di illecito continuato (concorso materiale, concorso formale e progressione). Secondo la Cassazione, invece, non è così: bisognerà che gli enti ne prendano atto quanto prima.
Fonte: Il Sole24ore



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